Le lame possiedono
una serie di caratteristiche che in passato costituirono il presupposto
per la nascita di numerosi insediamenti umani. In primo luogo la
ricchezza dei terreni, che ne costituiscono il fondo, ha incentivato
nel corso dei secoli la loro coltivazione e di conseguenza il fenomeno
insediativo. Inoltre la friabilità delle pareti in tufo calcarenitico
che ne facilita lo scavo, la presenza di acquiferi sotterranei facilmente
raggiungibili, una temperatura pressoché costante negli ambienti
ricavati nel tufo e il riparo dai venti di tramontana e maestrale
ha ulteriormente facilitato questo prosesso (Magnaghi, et al. 1992).
Tutti questi elementi testimoniano la reciproca influenza tra il
sistema naturale e il sistema antropico sino ad oggi presente. Le
lame, insieme alle gravine, hanno inoltre influenzato le modalità
di formazione di molti centri urbani pugliesi definendone la stessa
struttura (fig. 1.3.1).
Nel territorio monopolitano
due sono le lame che risultano di grande interesse storico-archeologico,
per aver determinato l’aggregazione dei primi nuclei abitativi
e la posizione della città medievale: Lama Belvedere e Lama
San Donato, il cui solco di erosione è quello di un’antica
“carrara” che congiungeva Castellana Grotte a Monopoli.
La parte antica della città
medioevale sporgeva sulla costa con un ampio contatto con il mare
Adriatico ed era compresa fra la lama Belvedere a nord, con sfocio
in Cala Curatori, e la lama S. Donato a sud, con sfocio in Cala
Porto Vecchio (Pagliarulo, 2000).
Nella antica cartografia,
realizzata dall’ing. Francesco Sorino nel 1794, Lama Belvedere
viene riportata con il nome di Torrente Ferraricchio e risulta ancora
affiancata ad un’altra lama denominata Torrente San Donato.
I profondi solchi torrentizi
delle due lame sono emergenze storiche significative del territorio
monopolitano infatti l’uomo ha lasciato tracce antichissime.
Sono difatti presenti piccole grotte rupestri scavate lungo le pareti
del tratto inferiore della lama. Oltre alle numerose grotte scavate
lungo i costoni rocciosi di Lama Belvedere, vi è la presenza
di una carrara di epoca romana denominata “Sette Monti”
e di cripte sottoposte al livello stradale dell’antico abitato,
inoltre sono stati ritrovati frammenti ceramici e utensili d’epoche
remote.
Prima dell’edificazione
del borgo settecentesco le due lame solcavano il territorio monopolitano
facendo defluire le acque, a cielo aperto e spesso inondando i terreni
coltivati e trasportando a mare olive ed altri prodotti agricoli.
Il 14 gennaio 1796 divenne
esecutivo il progetto del nuovo borgo di Monopoli redatto dall’ingegnere
Antonio De Simone, cosicché ebbe inizio la graduale edificazione
della nuova Monopoli.
L’andamento ordinato
e schematico degli isolati si addiceva alla natura quasi pianeggiante
dei terreni ma non considerava l’esistenza del torrente Ferraricchio
(Lama Belvedere).
Per molti anni si continuò
a costruire incuranti del grave problema, così come dimostra
la planimetria di rilievo del 1879 redatta dall’ingegnere
Alvise Colavitti incaricato più volte di ricoprire e deviare
quel letto di torrente. In una relazione tecnica datata 4 giugno
1885 l’ingegnere Colavitti chiarisce quale era lo stato del
torrente prima della esecuzione dei lavori di deviazione e copertura
dello stesso, facendo riferimento ad un suo rilievo del 1877. In
tale data il torrente scorreva scoperto e in parte incassato fra
i giardini delle diverse abitazioni, esistendo all’epoca la
possibilità di attraversarlo mediante alcuni ponti dislocati
in corrispondenza di strade. Il ristagno di acque piovane e la presenza
nell’alveo di sostanze organiche, producevano cattivi odori
ed inoltre permaneva il disagio di attraversare il solco del torrente
per spostarsi da una zona all’altra dell’abitato (Pagliarulo,
op. cit.).
Nel 1877, per richiesta
del signor Giacomo Oliviero, l’Amministrazione Comunale cedeva
allo stesso un’area lungo il letto del Ferraricchio (Lama
Belvedere) per essere edificata e stabiliva che con il ricavato
doveva essere coperto
e rettificato un tratto di torrente. In questo modo nel 1877 si
giunse alla realizzazione dell’opera progettata dall’ingegner
Colavitti che comportava una deviazione del letto del corso d’acqua
lungo una contigua strada urbana e la sua conseguente copertura,
il tutto con attenzione alla sezione dell’alveo e del materiale
utilizzato.
Le alluvioni dovute ai nubifragi
erano comunque molto frequenti, fra esse si ricordano quelle datate
1, 10 e 12 dicembre 1894, 10 novembre 1896 che crearono molti danni
alla città di Monopoli e che posero in serio pericolo la
vita degli abitanti del borgo.
Il 17 dicembre 1903, con
sessione straordinaria, il Consiglio comunale chiedeva al Ministro
dei Lavori Pubblici un progetto per l’allacciamento e la deviazione
del torrente Ferraricchio e S. Donato per far si che potessero sfociare
al di là della diga progettata dal Genio Civile per l’ampliamento
del porto di Monopoli, ponendo fine al grave problema della città
e del potenziale pericolo di inondazioni che potevano mettere in
serio pericolo la vita stessa degli abitanti.
Il 21 agosto 1906 con Regio
Decreto vennero classificate di 3a categoria le opere per la Sistemazione
dei Torrenti San Donato e Ferraricchio a difesa dell’abitato
di Monopoli. Detto decreto rendeva obbligatoria la formazione del
“Consorzio Idraulico per la Sistemazione dei Torrenti”
di cui dovevano far parte i proprietari interessati dalle opere
suddette.
Nel 1907 il Prefetto della
Provincia di Bari affidava l’incarico a due ingeneri del Genio
Civile al fine di procedere al rilievo del territorio di Monopoli
interessato dai due torrenti.
Tre anni dopo, il 14 settembre
1910 il progetto principale delle opere idrauliche di 3a categoria,
redatto dal Corpo Reale del Genio Civile, fu approvato dalla Regia
Prefettura della Provincia di Bari.
Nel “Processo verbale
di consegna dei lavori al Consorzio Idraulico” si legge che
dette opere consistettero principalmente in:
a) |
costruzione di un nuovo
alveo, della lunghezza di 256 metri, per immettere parte delle
acque di piena del torrente S. Donato nel torrente Ferraricchio
e costruzione di un ponte attraverso il detto nuovo alveo; |
b) |
sistemazione di un tratto
di 561 metri del torrente Ferraricchio dallo sbocco del nuovo
alveo del torrente S. Donato fin poco a valle della strada
provinciale Monopoli-Castellana, con quattro passerelle di
ferro con volterranee di tufo ed un ponte in muratura costruito
per adattarlo al nuovo alveo; |
c) |
nuova inalveazione del
torrente Ferraricchio dal detto punto fino allo sbocco al
mare della lunghezza di 902 metri di cui i primi 505 metri
in galleria ed i rimanenti 397 metri in trincea (Pagliarulo
op. cit.). |
L’acqua dei due torrenti,
per secoli, captata e convogliata in cisterne, è stata utilizzata
soprattutto per le esigenze dell’agricoltura.
Nel 1902 La Società
Italiana per le Strade Ferrate Meridionali, con Decreto Ministeriale,
vedeva approvata la costruzione di una grande cisterna d’acqua
(della capacità di 12 mila metri cubi) e l’impianto
di una condotta di alimentazione del Rifornitore della Stazione
di Monopoli per l’approviggionamento d’acqua delle locomotive
a vapore. Le cisterne, denominate “fogge” ancora oggi
di proprietà delle Ferrovie dello Stato, risultano in ottimo
stato di conservazione ed assolvono perfettamente la funzione di
raccolta delle acque piovane.
Oggi il tratto della lama
a valle della ferrovia sino alla foce è ormai totalmente
occultato dalla città costruita nella seconda metà
dell’ottocento. Recentemente la periferia sud-occidentale
di Monopoli si è sviluppata attorno a Lama Belvedere, lasciando
ancora visibile la zona ovest della stessa dove, forse in conseguenza
dell’orografia più impervia del territorio, lo stato
dei luoghi è rimasto alquanto inalterato (Piccinato, 1974). |