PREMESSA
La crescente necessità avvertita dalle nove Amministrazioni
proponenti “di migliorare la capacità di svolgere in
modo adeguato la propria missione istituzionale: progettare
ed attuare le politiche pubbliche”, trova logica attuazione
nell’adozione di strumenti innovativi quali la Pianificazione
strategica.
Il Piano strategico sembra infatti
fornire una risposta efficace a questa esigenza
in quanto, da un lato consente di superare un approccio
incentrato sulla semplice lettura dei problemi della
collettività e quindi sull’adozione delle decisioni
(la dimensione di piano), dall’altro introduce
nello stesso processo di pianificazione le forme di
flessibilità e di dinamicità proprie del coinvolgimento
degli attori (la dimensione strategica), richiedendo
però competenze manageriali specifiche in termini di
visione e capacità “politiche”.
Negli ultimi anni il ricorso alla pianificazione
strategica, seppur in contesti e con metodi spesso assai
diversi, presenta alcuni tratti comuni: il coinvolgimento
di soggetti pubblici e privati, la ricerca di interessi
comuni anche se in una visione multilaterale e talvolta
conflittuale del territorio, una dimensione spaziale
che difficilmente coincide con i rigidi confini formali
dell’amministrazione, il tentativo di superamento della
frammentazione istituzionale degli interventi.
Il Piano Strategico è visto, quindi, sempre
più come lo strumento permanente di supporto
alla costruzione progressiva di una visione e di un
progetto comune e non come un documento o un patto chiuso.
Il Piano è una cornice, un luogo, fisico e virtuale,
un filo che lega e tenta di armonizzare i diversi ambiti
di programmazione settoriale e le sub-reti di relazioni
sottostanti le diverse politiche di intervento (sviluppo
economico, sicurezza, ambiente, salute, cultura, etc.).
L’approfondimento dei piani strategici più rilevanti, ha evidenziato
elementi di criticità, sorti durante la costruzione
degli stessi, che è bene conoscere e sui quali è opportuno
riflettere prima di procedere alla stesura di nuovi
piani.
Innanzitutto è fondamentale che le PA che
promuovono il piano, siano in gradi di assumere un
ruolo di governo forte e autorevole di questi processi,
per garantirne la continuità e l’indirizzo.
Pur riconoscendo l’importanza della partecipazione e del consenso, è
difficile che l’amministrazione pubblica possa perdere
una posizione di centralità e di guida, pena la rinuncia
al suo compito politico-istituzionale.
Altro aspetto di rilevante criticità attiene alla dimensione attuativa
del Piano e quindi agli aspetti di ordine organizzativo,
professionale ma anche di comunicazione in quanto,
processi di pianificazione di tale portata, sono anche
processi di innovazione e cambiamento organizzativo,
in cui la comunicazione occupa uno spazio rilevante
dal momento che per la creazione di una visione condivisa
è fondamentale mobilitare gli attori e garantirne la
partecipazione.
Consapevoli della complessità del processo e dopo aver approfondito e
dibattuto le esperienze di pianificazione strategica
in atto in altri ambiti territoriali, le nove Amministrazioni
proponenti, sulla base anche dei percorsi comuni condivisi
in questi anni in tema di programmazione ed attuazione
di strumenti di sviluppo decentrato, hanno elaborato
la Proposta di Piano Strategico ““Dal mare alla Valle
d’Itria: Qualità dell’Ambiente, del Lavoro e della Vita”. |