“LA COLPA DI ESSERE RIMASTO VIVO”
L’Associazione Donne per la Città - Presidi del libro presenta insieme all’autore, il magistrato Giuseppe Ayala, il libro autobiografico “Chi ha paura muore ogni giorno”.
Dirigendo un processo per il furto di nove galline ovaiole e un gallo si sta scontando la colpa di essere ancora vivi. Almeno secondo le istituzioni “Padrone infedeli dei loro migliori servitori”. Ma come Falcone e Borsellino tra serio e faceto gli avrebbero detto se fossero ancora vivi: “comunque futtitinni e pensa ‘a salute!”.
Si condensano così in queste prime veloci battute iniziali di introduzione al suo racconto autobiografico il senso e il tono della narrazione: l’amarezza profonda di chi ha servito lo Stato e ancora crede in esso e nel valore delle sue istituzioni nonostante il “confino” cui è stato destinato e la morte di tanti giudici antimafia e uomini suoi collaboratori; l’amore della vita e la spensieratezza di cui questi uomini, perennemente scortati e in pericolo, sempre consapevoli che non l’avrebbero fatta franca con la mafia, riuscivano a godere di giorno in giorno.
Il racconto autobiografico comincia da due date: 23 maggio e 19 luglio ’92, dall’uccisione in due spaventosi attentati dei suoi amici più cari Falcone e Borsellino, e a ritroso riparte dall’estate ’79 fino a quando il cerchio si richiude ritornando alle date di partenza. Il racconto ripercorre attraverso le parole del protagonista gli anni in cui si venne costituendo il pool antimafia a Palermo, denuncia l’ ostracismo degli ambienti giudiziari e istituzionali siciliani, la diffidenza della gente ancora mentalmente e storicamente “serva”, incapace di sentirsi cittadina di una democrazia , la sostanziale debolezza della mafia, la solitudine in cui spesso i giudici sono stati relegati e hanno lavorato con testardaggine e senso del dovere. Allucinante la descrizione nelle pagine centrali del rapporto mafia- politica che Ayala lucidamente e esplicitamente traccia quando parla di “proprietà transitiva applicata alla mafia”.- come non ricordare la descrizione puntuale di Saviano degli affari che legano camorra e politica-.
È più esattamente una società mafiogena che mafiosa quella di cui parla, ma per questo ancora più pericolosa e arretrata, perché ha stroncato “la politica delle idee a favore di quella degli interessi” ciechi della lobby mafiosa, generatori di sottosviluppo.
“Chi ha paura muore ogni giorno chi non ha paura muore una volta sola, è bello morire per ciò in cui si crede”. Così camminando a braccetto con la morte Falcone, Borsellino e Ayala, e i tanti uomini e donne impegnati nella lotta per la giustizia hanno segnato venti anni di storia italiana che oggi, purtroppo, sembrano dimenticati. Antonia Allegretti
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