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Disabili, carriere senza facilitazioni

ROMA - I disabili hanno diritto a ottenere facilitazioni nell’accesso al lavoro, ma non nella progressione in carriera. La Costituzione, infatti, considera prevalente il principio della solidarietà su quello dell’uguaglianza solo nel primo caso. Lo afferma la Consulta nella sentenza 190 del 2006, che ha dichiarato illegittimo l’articolo 8-bis del decreto legge 136 del 2004 (disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione).



La disposizione, impugnata dal Tar della Puglia (su ricorso di alcuni docenti contro una graduatoria per gli incarichi dirigenziali), stabilisce che le riserve di posti previste dalla legge 68/99 (norme per il diritto al lavoro dei disabili), si applicano anche ai concorsi per reclutare i dirigenti scolastici, compresi quelli per il conferimento degli incarichi presidenza di durata annuale, negli istituti e nelle scuole di istruzione secondaria, nei licei artistici e negli istituti d’arte.
Dirigenti e presidi si scelgono, però, tra il personale già in servizio. Di conseguenza, in questo caso, la norma non garantisce ai disabili un sostegno nell’ingresso nel mondo del lavoro, ma un’agevolazione nella progressione in carriera, successiva all’assunzione.
I datori di lavoro, pubblici e privati, sono obbligati ad assumere una certa percentuale di dipendenti appartenenti alle categorie protette. Queste quote sono, però, in linea generale riservate ai disoccupati. L’articolo 8-bis del decreto legge 136, invece, non tiene conto del requisito della disoccupazione e introduce una deroga valida solo per i dirigenti scolastici e per i presidi.
L’articolo 38, comma 3, della Costituzione - ricorda la Consulta - dispone che i disabili hanno diritto «all’avviamento professionale». Dunque, sono favoriti nell’accesso alle attività professionali e nell’inserimento nei posti di lavoro. Ma la stessa Costituzione, agli articoli 3 e 97, prevede che la progressione in carriera dei dipendenti pubblici avvenga nel rispetto dei principi di eguaglianza e di imparzialità, sulla base della valutazione della preparazione e delle esperienze professionali.
Nel bilanciare gli interessi in gioco (solidarietà da una parte, uguaglianza e merito dall’altra), la Costituzione - argomenta la pronuncia - consente la prevalenza del principio di solidarietà su quelli di uguaglianza e merito per quanto riguarda l’accesso al lavoro, ma non nella «progressione in carriera dei disabili già occupati».
Di conseguenza, la legge ordinaria che, oltre a favorire l’accesso dei disabili al lavoro, ne agevola la carriera, comprime in modo irragionevole i principi di eguaglianza e merito, «a danno dell’efficienza e del buon andamento della Pubblica amministrazione».
Peraltro, il regime di favore nella progressione degli insegnanti, imposto dall’articolo 8-bis del decreto legge 136, «produce una ulteriore disuguaglianza, in quanto riservato ai soli disabili occupati nella scuola».

Fonte: Il Sole 24 Ore ded 12 maggio 2006


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