Circolo ARCI Monopoli

 Associazione La Fabbrica dei Sogni

 

Serata

Naso Rosso Tour 2006

Degustazione & Solidarietà

 

con il grande clown

MILOUD OUKILI 

Premio UNICEF 2000

 

Domenica 6 agosto 2006

Centro Sociale di via Gobetti

in occasione della chiusura della colonia estiva
realizzata presso la Scuola Media “O. Comes” di contrada Antonelli 

 

Dalle ore 19.00 i bambini che hanno partecipato alla colonia estiva
esporranno i loro elaborati, reciteranno e balleranno.

A seguire ci sarà lo spettacolo di MILOUD
accompagnato da altri artisti della Scuola Agorà Circus

 

Lo spettacolo sarà l’occasione per una raccolta di fondi
da destinare alla fondazione Parada
che da anni si mobilita per salvare i ragazzi abbandonati delle fogne di Bucarest
e promuovere il recupero minorile attraverso l’arte circense

 

 

 

Grazie alla consulenza ed al servizio mescita

a cura della Enoteca Il Tralcio di Pierluigi Pipoli (www.enotecailtralcio.it)

durante la manifestazione sarà possibile degustare

ottimo Prosecco di Valdobbiadene Doc dell’Azienda Villa Marianna.

 

La serata sarà pure allietata dalla presenza di prodotti alimentari tipici locali

a cura dell’azienda Agroalimentari SCISCI.


 
Chi è MILOUD OUKILI?

UN UOMO CHE NE VALE MILLE

Il diavolo delle fogne ha il naso rosso - Miloud Oukili ha strappato alle fogne di Bucarest centinaia di bambini.

Nelle fogne di Bucarest, calde, puzzolenti e schifosamente umide, certe notti puoi incontrare un diavolo. O forse un angelo, non si sa bene. Di certo, a giudicare dalle occhiate di ghiaccio con cui tiene a bada la sua muta, un lupo. Un lupo col naso rosso, un lupaccio che il suo branco adora, e abbraccia, e coccola, e gli si stringe intorno. Ma quando qualcuno fa casino e lui lancia una di quelle sue occhiate oblique e taglienti, tutti si accucciano uggiolando. Un vero capobranco. O, meglio, un capobanda.

D’altro canto, la muta non è delle piu facili. Alcuni hanno lo sguardo brillante e paranoico di chi ha appena sniffato un barattolo di Aurolac, la “colla”, la droga dei poveri che rincoglionisce e consola i ragazzini di Bucarest come quelli di Rio o di Lagos. Altri hanno le facce da delinquenti minorili di chi vive per strada da anni. Quella piccolina bionda a dieci anni è stata abbandonata dalla famiglia che non poteva più darle nemmeno un tozzo di pane: la prima notte fuori casa è stata portata in un sotterraneo e violentata da tutti i vagabondi della Stazione Nord, tra gli sghignazzi di chi aspettava il proprio turno. Quel bel biondino con la faccia segnata da un taglio di rasoio è stato uno dei giocattoli preferiti dei pedofili di Bucarest e di centinaia di turisti del sesso italiani e tedeschi. Adesso che è troppo grande per i pedofili si dà via per pochi lek. Quella biondina magra con l’aria affamata fa la prostituta da quando aveva dodici anni, ma evidentemente è assolutamente incapace di gestire i propri risparmi. La ragazzina grossa che vagabonda con un sacchetto da cui ogni tanto tira dei respiri profondi ha sedici anni e un figlio di tre anni dalle suore. Il padre? Non si sa. Tutti hanno, dal polso alla spalla, decine di sottili cicatrici di lametta. Tutti hanno le facce patibolari, le espressioni dure, gli sguardi diffidenti di chi è stato tradito, imbrogliato e violentato troppe volte per avere ancora un briciolo di fiducia nella vita.

D’altronde, è la legge della strada: o fotti o ti fai fottere. Devi essere duro, il più duro, se vuoi guadagnarti il rispetto degli altri. Devi essere più lupo dei lupi.
L’altra faccia della medaglia è che la vita di strada ha il suo fascino: incontri forti, l’equilibrio di una legge dura e spietata, il mistero della notte, un’altalena continua di emozioni - l’adrenalina della fuga o le endorfine della colla. Soprattutto, una libertà sconfinata, che si baratta malvolentieri con la protezione di quattro mura, tre pasti caldi, due preghiere.
Ovvio, non hai nessun rispetto per te stesso. Per tutti sei solo un rifiuto da usare, come ladruncolo o come giocattolo sessuale, e quindi la tua autostima è allo stesso livello. La tua vita non vale un lek bucato, quindi vivere o morire che ti frega? E comunque, quando senti nostalgia della mamma che non hai conosciuto o di quella che ti ha cacciato, c’è lei, l’Aurolac, mamma colla, che ti fa sentire bene, ti dà un gran caldo dentro e una gran pace, e tutto diventa più bello e brillante e colorato, e allora ti accatasti contento assieme agli altri tuoi simili giù nelle fogne (in realtà le condutture d’acqua calda centralizzata che Ceausescu fece costruire per controllare perfino il riscaldamento dei cittadini di Bucarest), e per dormire ti stringi in gruppo, e allora magari ritrovi un po’ di quel calore umano e di quelle coccole di cui la vita con te è stata così avara.

O, ancora, quando qualcuno più disgraziato di te ti ha fregato i pochi soldi che hai o la colla che avevi messo da parte per passare una notte beata senza freddo e paura, ti disperi e cominci a gridare la tua disperazione tagliandoti ripetutamente le braccia a colpi di lametta: autolesionismo per sentire di essere ancora vivo - per urlare il male di essere vivo.

Economicamente, la Romania è un disastro. I servizi sociali sono alla bancarotta. Gli ospedali sono a corto di siringhe, bisturi, garze. Gli orfanotrofi stentano a tenere i ragazzini fino ai sedici anni. Molte famiglie, semplicemente, non ce la fanno, e sono costrette a sbattere sulla strada i ragazzi più grandi. In altre l’atmosfera è così pesante che sono i ragazzi stessi a scappare di casa. Il problema dei bambini di strada è paragonabile a quello di Rio de Janeiro. Nella sola Bucarest ci sono 2.000 bambini senza famiglia. Che, spesso, partoriscono altri bambini senza famiglia.

E’ in questo sfacelo economico, sociale e umano che, una notte di qualche anno fa, arriva un giovane diavolo inquieto, metà francese e metà algerino, che cerca un’identità terza perché non si sente ni Paris ni Alger. Che sia un diavolo non ci sono dubbi: ha il viso rosso e nero, il naso tutto rosso, il fuoco nelle mani, il fuoco negli occhi. I ragazzini delle fogne, vinta la prima diffidenza, si lasciano affascinare da quel loro simile che li accetta per quello che sono, senza giudicarli - ladruncoli, borsaioli, prostitutine - e che non vuole il loro corpo.
Non sanno che lui, come ogni diavolo che si rispetti, mira a qualcosa di più: alla loro anima.

Il giovane diavolo si chiama Miloud Oukili e non sa bene cosa cercare quando, a vent’anni, capita a Bucarest. Bel ragazzo, ha un passato di fotomodello, ma ha rifiutato il mondo della moda ed è partito per seguire l’inquietudine e l’irrequietezza che lo brucia. Cresciuto alla scuola dura della banlieue di Parigi, ha imparato a fare il clown in una scuola di circo che forse lo ha salvato dal diventare a sua volta un voyou. Ha girato il mondo, ha conosciuto i ghetti di Harlem, i disperati del Guatemala e le fungaie urbane di Città del Messico. Qui i ragazzini di strada, coi loro occhi di gran lunga più viziosi di quelli degli adulti, lo hanno spaventato. Ma gli hanno fatto scoprire una cosa interessante. I piccoli mestizos, nelle sterminate, lunghissime avenidas tra il Parco di Chapultepec e il Paseo de la Reforma si arrangiano - oltre che col furto e la prostituzione - facendo i giocolieri, dipingendosi la faccia e mangiando fuoco. Ed è mascherandosi da clown che riesce a entrare in contatto con loro. Perché un naso rosso è un lasciapassare, cancella immediatamente qualsiasi sospetto di aggressività. E la maschera, nello strabiliante immaginario collettivo messicano, ha fin dai tempi dei Maya un ruolo essenzialmente magico.

Ma la sua storia grossa non era ancora arrivata. La sua storia grossa il giovane diavolo inquieto doveva trovarla in climi più freddi e meno ospitali della megalopoli all’ombra del Popocatepetl. Fu a Bucarest che, mentre giocolava con le clave di fronte alla Stazione Nord, alcuni spettatori aggredirono due ragazzini straccioni che lo stavano guardando: “Ladri! Schifosi! Che puzza! Tornate nelle vostre fogne!”.
Gli altri ridevano. Sa essere feroce, la Romania.
Miloud non disse nulla ma operò un tipico contrattacco da clown che, con eleganza, devia il colpo fuori bersaglio: mimò la scena, mise in ridicolo gli aggressori e trascinò la folla in un applauso. Alla fine dello spettacolo passò come sempre il cappello, poi chiamò i due ragazzini e divise con loro il ricavato.

“La solidarietà è normale, tra i poveri” dice Miloud “Un borghese potrà rifiutarti dieci lek, ma un altro disgraziato come te non rifiuterà mai di darti una mano.”

Occhio: questo non è il libro Cuore.
Occhio, se avete la lacrima facile: questa non è una storia da Libro Cuore. E Miloud non è una dama di San Vincenzo. E’ un vero figlio di puttana, un duro, un voyou pieno d’amore, e coltiva un sottile disprezzo per gli humanitaires stipendiati che offrono assistenza dalle nove alle cinque. Lui scese nelle fogne, chiese ai ragazzi ospitalità. Non offrì carità, ma uno scambio alla pari: “Voi mi insegnate il rumeno, io vi insegno a fare il clown”. Si fece un giaciglio di scatoloni tra i topi e l’immondizia, si fece luce con le candele rubate dai ragazzi nelle chiese, fece la doccia dove i tubi bucati schizzavano acqua calda. Rispettò i ragazzi e le loro scelte violente e autodistruttive. Cominciò pian piano a guadagnarsene il rispetto. Fece loro scoprire che potevano tirar su qualche soldo facendo i giocolieri. Era un filo delicato che rischiava di spezzarsi in ogni momento - e quante volte si è spezzato, quanti ragazzi si sono persi, sbandati, prostituiti, morti di polmonite e di infezioni o semplicemente spariti.
La riscoperta del rispetto verso sé stessi cominciò dal tenere ordinato il giaciglio, dal non buttare il torsolo di mela, la cicca o i resti del panino a fianco del materasso. Pian piano passò per il rispetto verso gli strumenti di lavoro (le palle, le clave, i trampoli) e, in un’escalation sempre più positiva, arrivò alla fierezza di essere bravi clown, al rifiuto della colla, alla scoperta di una possibile nuova dignità.

Ovviamente, niente pietà né pietismi: i ragazzini di strada sono furbissimi, alle dame di San Vincenzo dicono quel che a loro piace sentire. Ma Miloud era della loro stoffa, un capobanda, e con lui i patti erano chiari: se volevano restare in strada, bene, fatti loro. Ma se volevano cambiare vita niente colla, niente prostituzione, poco alcool e solo per chi lo reggeva, lavoro serio, gerarchia stretta.

Che, in fondo, è proprio quello di cui questi ragazzini sbandati avevano bisogno. Recuperare per prima cosa il rispetto di sé stessi. E il bisogno di una figura forte a cui fare riferimento. “Il padre ... è il loro grande problema. Perché non lo hanno mai conosciuto ... o, peggio, perché lo hanno conosciuto ” commenta Miloud guardando con occhio affettuoso Ina, Vasile, Mia, Arthur, Cesar che mi si stringono e mi abbracciano fiduciosi, cercando un po’ di coccole.

Ovvio: Miloud non ce la poteva fare da solo. Ma questo giovanottone dinoccolato ha capacità che sorpassano di gran lunga quella di giocolare con le fiaccole e con le anime. E’ bravissimo anche a giocolare con la generosità (o i sensi di colpa) degli adulti. Sa usare il proprio magnetismo personale per incantare le signore della società civile e delle organizzazioni umanitarie. Così, pian piano, ha coinvolto nella sua ragnatela fatta di passione, di incazzatura e di fascino personale le organizzazioni francesi e italiane, la società civile di Bucarest, l’Ambasciata di Francia, perfino i grigi Ministeri bulgari, così poco inclini al sociale. Jean-Louis Scherrer, quando ha fatto la sua sfilata di moda a Bucarest, l’ha voluta aprire con i ragazzi di Miloud che, con quel che avevano trovato per strada - stracci, cartoni, lattine, bottiglie di plastica - hanno improvvisato costumi bellissimi e fantasiosi. Un contraltare colorato, affascinante e straccione alla bellezza frigida e rarefatta delle indossatrici dello stilista francese.

Così, pian piano, il clown vagabondo ha costruito la sua Fundatia Parada, una fondazione che amministra il denaro con cui molte associazioni europee, volontari e simpatizzanti sostengono il suo sforzo per i ragazzi di Bucarest. Pian piano è arrivata una casa di accoglienza dove Miloud può tenere i suoi ragazzini al sicuro - finora ne ha strappati 600 alle fogne e alla colla (il 30% di successi, in un ambiente così difficile, è un risultato da urlo). E’ arrivato un camper sanitario in cui, di notte, i medici di Medecins Sans Frontières prestano i primi soccorsi nella zona della Stazione Nord “Non chiediamo loro nulla, rispettiamo le loro scelte di vita. Ma, se vogliono, sanno che siamo qua. E la voce si sparge.” E’ arrivata una serie di appartamenti che i ragazzi più grandi si autogestiscono. E’ arrivata la notorietà internazionale. Sono arrivate le tournées in Francia e in Italia. Sono arrivati il sostegno e l’amicizia di Jacopo Fo che, nel suo centro di Alcatraz, ha organizzato il primo Festival Mondiale della Comicoterapia, e ha devoluto una bella fetta del ricavato alla Fondazione Parada.
Ed era divertente, tra le colline umbre, vedere babbo Dario, ormai badiale e benedicente come Bonifacio VIII (sono le piccole, deliziose vendette della storia) conversare di clowneries con l’ossuto, appassionato, dinoccolato Miloud: il Sommo Clown Europeo e il Giovane Clown delle Fogne, uniti nel lavoro più bello del mondo: operare un cortocircuito inatteso, creare uno strappo nel tessuto della logica, liberare una risata e rendere più leggera a qualcuno, per un attimo o per la vita, la fatica di stare al mondo.

http://www.coopi.org/ragabucarest.asp

http://parada.ifrance.com/parada/html%20italien/la%20storia.htm